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Contesto normativo

L’attività di Green Factory rientra all’interno di un preciso contesto normativo.

Norme in materia ambientale

La normativa nazionale in materia ambientale deriva quasi integralmente dall’applicazione di direttive comunitarie.
L’art.182 bis del Codice dell’Ambiente prevede che lo smaltimento ed il recupero dei rifiuti urbani indifferenziati sono attuati attraverso una rete integrata ed adeguata di impianti sulla base delle migliori tecnologie, al fine di realizzare l’autosufficienza a livello di ambito e garantire il rispetto del principio di prossimità, vale a dire lo smaltimento o il recupero nei luoghi più prossimi a quelli di produzione.
E’ la cosiddetta “privativa pubblica” vale a dire quelle attività di un servizio che sono svolte soltanto dalla Pubblica amministrazione direttamente o tramite affidamento di una concessione a terzi (ad es. trasporto pubblico, gasdotti ecc.).
Rientrano in questa fattispecie le discariche ed i termovalorizzatori per quanto riguarda lo smaltimento, gli impianti di trattamento meccanico biologico (TMB) per quanto riguarda il recupero.
L’Antitrust, sulla base della normativa nazionale, ha più volte ribadito che le attività a valle della raccolta differenziata (trasporto, recupero, smaltimento) sono a mercato sia perché non ricomprese nella privativa pubblica, sia in ragione dell’assenza di elementi di monopolio naturale dei relativi processi produttivi.

La localizzazione, il dimensionamento e la tecnologia di un impianto di biodigestione anaerobica non rientra nelle competenze dell’ATA e nel Piano d’Ambito. Infatti anche l’art.10, comma 3, lettera b) della Legge Regionale 24/09 sui contenuti del Piano d’Ambito, in merito al principio di autosufficienza impiantistica stabilisce la sua applicazione solo allo smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi, dei rifiuti derivanti dal loro trattamento e di recupero di rifiuti urbani indifferenziato (quali quelli in uscita dal TMB, ingombranti, cimiteriali, spiaggiato, quelli derivanti dal trattamento, quindi gli scarti di tali impianti, quelli recuperati dal TMB. In sintesi si tratta di quella parte di rifiuti che finisce comunque in discarica).

Direttive Europee

Il 4 luglio 2018 sono entrate in vigore 4 direttive europee recepite in Italia con i seguenti provvedimenti:

  • D.Lgs. 116/2020 che attua le direttive (UE) 2018/851 che modifica la direttiva 2008/98/CE relativa ai rifiuti (direttiva quadro) e (UE) 2018/852 che modifica la direttiva 1994/62/CE sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio;
  • D.Lgs. 118/2020 recante attuazione degli articoli 2 e 3 della direttiva (UE) 2018/849, che modificano le direttive 2006/66/CE relative a pile e accumulatori e ai rifiuti di pile e accumulatori; 2012/19/UE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche;
  • D.Lgs. 119/2020 recante attuazione dell'articolo 1 della direttiva (UE) 2018/849, che modifica la direttiva 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso;
  • D.Lgs. 121/2020 recante attuazione della direttiva (UE) 2018/850, che modifica la direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti.

Le quattro direttive, meglio note come direttive del pacchetto dell’economia circolare, fissano nuovi ambiziosi obiettivi in materia di gestione dei rifiuti, con particolare riguardo alla riduzione del ricorso alla discarica e all’incremento dell’effettivo riciclaggio, sia dei rifiuti nel loro complesso che per quanto concerne i soli rifiuti di imballaggio.
In estrema sintesi si evidenziano 3 obiettivi da conseguire entro il 2035 e uno entro il 2030:

  • 65% di riciclaggio effettivo dei rifiuti urbani da conseguire entro il 2035;
  • 70% di riciclaggio dei rifiuti di imballaggio da conseguire entro il 2030;
  • 10%, massimo, di smaltimento in discarica dei rifiuti urbani da conseguire entro il 2035.


>>> Per approfondimento vedi https://www.minambiente.it/sites/default/files/archivio/allegati/economia_circolare/ce_economia_circolare_depliant.pdf

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